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set 18Messo Mi piace da Vincenzo Rizza

Mi è piaciuta tanto la tua riflessione, soprattutto i toni con cui l’hai espressa: morbidezza e assenza di giudizio. E mi ha fatto sorridere l’aggettivo “bacucco” associato ad un millennial. Stride, lo si sente per lo più da quelli della genX (la sottoscritta) ed è questo il bello. Dà ancor più rotondità all’insieme.

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Ciao Emanuela, grazie mille del commento e di aver colto proprio questo aspetto. Evitare di apparire giudicanti mentre si vuole decostruire, smontare, analizzarsi, soprattutto in forma scritta e digitale, è una delle sfide più difficili, soprattutto quando non si sa chi c’è dall’altra parte dello schermo. Si risolve, secondo me, con un esercizio che è sia di scrittura ma anche con letture attente. <3

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Ma che bella puntata!! Pure io quando vado a un festival letterario mi perdo tra i libri e gli incontri e mi dimentico completamente che ho una pagina su Instagram e si suppone che dovrei fare foto, video, selfie ecc ecc, ma poi così mi perdo la bellezza dell'essere lì, con tutta me stessa e la mia attenzione. Non ha senso vivere attraverso uno schermo e nutrirsi di like. Certo, non saremo mai "popolari", "virali" ecc ecc, ma siamo autentici. Ognuno deve stare sui social a modo proprio, non sono i social a decidere chi siamo e se meritiamo o no l'approvazione degli altri.

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Ciao Rocío, grazie mille per il tuo messaggio.

Sono completamente d'accordo con te. Come dici tu, non solo dovremmo stare sui social come vogliamo, ma è fondamentale riflettere su quanto una condivisione autentica possa davvero fare la differenza rispetto a una fittizia. Ho notato che, anche se in passato i travel blogger mi hanno ispirato, la spinta decisiva verso il cambiamento l'ho trovata grazie alle persone reali che ho incontrato lungo il cammino (gli invisibili).

Oggi, se anche riesco a toccare una sola persona con qualcosa di autentico che condivido, per me è già un successo. Altro che grandi numeri!

Grazie ancora per aver condiviso la tua riflessione. Un abbraccio:)

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set 15Messo Mi piace da Vincenzo Rizza

Tanta stima per te!

Anche a me qualcuno ha chiesto di fare video YouTube quando viaggio. Un mio amico ha un bel canale e ha persino detto che mi avrebbe aiutata/ospitata etc.

Beh, non ho nessuna intenzione di vivere il viaggio con il telefono in mano, pensando a cosa dire o alle inquadrature, ad analizzare i like i follows e compagnia bella.

Non diventerò mai né ricca né famosa, ma io il viaggio devo vivermelo e poi, la sera a letto o durante le lunghe traversate in treno, racconto tutto sul mio diario di bordo (alcune storie poi diventano parte della newsletter qui su Substack).

Alla fine siamo così bombardati da gente che viaggia e reel su “3 cose da mangiare in Kirghizistan”, che non c’è bisogno di aggiungerne altri.

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Ciao Alessandra!

Grazie mille per il tuo messaggio, citi esattamente pensieri che ho avuto anch'io, pari pari. Analizzare i like è un male profondo e sottile: ti metti nella condizione di essere giudicato e di auto-giudicarti per motivi che non riflettono la realtà. Quante volte ci è capitato di pubblicare una foto a cui tenevamo molto, con un messaggio importante per noi, per poi vedere solo una manciata di like. Poi, magari, metti una foto di te e boom, cento like!

C’è questa strana ambiguità nel voler diventare ricchi e famosi che credo sia un errore di calcolo. Alla fine, penso che in fondo ciò a cui tutti aspirino sia invece la libertà, che è un po' il contrario della fama.

Concordo pienamente con il tuo ultimo punto: c’è già troppo rumore là fuori. Se non vogliamo essere parte del problema, dobbiamo sforzarci di essere parte della soluzione. Chi condivide i "5 bar in cui mangiare a..." è spesso andato nei 5 posti più popolari e non ha certo esplorato tutto. Non c’è bisogno di aggiungere altro.

E grazie davvero per il tuo diario di bordo, Lettere dall’Oriente è bellissimo ❤️

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22 ore faMesso Mi piace da Vincenzo Rizza

Ma grazie a te per queste meravigliose parole. Sono contenta che ti piaccia 💗

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set 14Messo Mi piace da Vincenzo Rizza

"Ma come fai a perderti se hai 600mila persone che ti seguono?".

Mi immagino una persona che cerca di esplorare l'ignoto e l'interiorità con una chiassosa vagonata di seguitori appresso, e mi pare una metafora illuminante. Bisogna scegliere con molta cura la maschera attraverso cui narrare la propria vita, perché poi finisce facilmente per prendere il sopravvento e scegliere lei il cammino.

Personalmente nel mondo dei backpacker ne ho viste tante, di maschere. Forse è particolarmente facile credere di star facendo qualcosa di straordinario, e quindi sentirsi speciali.

Ognuno però ha la sua storia, sta cercando il cammino a modo suo, e mi piace notare nella profondità della tua riflessione l'assenza di giudizio.

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È una metafora, ma alla fine neanche troppo. Quando guardo i video dei vari alexanderjamestravel e simili, mi rendo conto che dietro quelle inquadrature "spontanee" ci sono probabilmente telecamere sempre accese e non poche riprese rifatte per ottenere la scena giusta. Nel video esteso di Alex Rogers, viene poi mostrato il loro viaggio a Machu Picchu, dove sono andati all’alba per evitare di filmare la folla di turisti, mettendo in scena il momento di riflessione interiore dell'intero video. Peccato che il sito sia l'attrazione turistica più visitata del continente, con una biglietteria ben organizzata e un percorso sorvegliato.

La linea tra ispirare gli altri con un progetto editoriale e sentirsi speciali mentre si crede di fare qualcosa di straordinario è davvero sottile. Eppure, hai ragione: nessun giudizio, perché ognuno ha il suo percorso e modo di esprimersi.

(Grazie mille per la lettura e per il tuo commento 🙏)

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set 13Messo Mi piace da Vincenzo Rizza

Ciao Vincenzo, grazie per questa riflessione. Hai proprio ragione! Anche io racconto di viaggi (ma non sono nomade) e rimango sempre stupita quanto cambia la realtà raccontata da chi deve ricevere un like per lavoro rispetto a quella che vedo io. Continua così 😎

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Ciao Gaia, grazie a te per il messaggio!

È interessante quello che dici. Personalmente, della narrazione da travel blogger, soffro in particolare la necessità di trasmettere sempre positività. Si è quasi "costretti" a condividere solo gli aspetti belli per stimolare i like, ma nella realtà del viaggio ci sono tante cose che vanno storte, aspettative deluse e sorprese che non sai come raccontare. Il viaggio è sempre un po' ambiguo, storto, altalenante.

Che bello esserci trovati qui. Finisco questo giro di commenti e inizio a leggere i tuoi racconti:)

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set 17Messo Mi piace da Vincenzo Rizza

Sì è fantastico trovarsi qui e scoprire persone con interessi simili!

Hai ragione, un sacco di cose vanno storte quando si viaggia, io cerco di raccontarne qualcuna comunque ridendoci sopra e chi mi legge spero rida con me, mentre mia mamma si preoccupa :D Ma anche lei poverina fa il suo lavoro!

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set 13Messo Mi piace da Vincenzo Rizza

Che bellissima riflessione, Vincenzo. Quando viaggio penso sempre che dovrei essere più social, fare video etc, come fosse un imperativo sociale necessario a cui mi sottraggo ingiustamente, e invece mi perdo, mi dimentico il telefono e vivo e basta, faccio parte di quegli invisibili.

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Ciao Martina, grazie mille per avermi letto e per il commento.

Scordarsi il telefono è davvero un gran dono, e in qualche modo, è un gesto rivoluzionario oggi. Nella mia rete sociale digitale, vedo succedere spesso l'opposto: anche chi non ha progetti dedicati al viaggio, quando è in vacanza o viaggia, tende a comunicare come farebbe un travel blogger. Mi capita di seguire amici e conoscenti che condividono cenni storici dei luoghi che visitano, tips, reels montati... e mi chiedo quanto possa essere stressante per chi addirittura sarebbe semplicemente in vacanza.

Grazie a te e agli invisibili che mi hanno mostrato un'altra via.

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set 13Messo Mi piace da Vincenzo Rizza

"Micro-televisioni" anziché "social media"; è una definizione banale ma molto efficace. Dare il nome giusto alle cose è fondamentale per delimitarne il perimetro esatto e aiuta a capirne le dinamiche profonde. Siamo (siete, visto che ho cancellato l'app di Instagram da un paio di mesi) consapevoli di spendere la maggior parte del nostro tempo davanti a micro-televisioni alimentate dal lavoro di attori?

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set 17Messo Mi piace da Vincenzo Rizza

Ci sto riflettendo molto ultimamente per via di FairyMinds. I cosiddetti “first principles” dell’umanità non cambiano. Abbiamo bisogno sempre delle stesse cose da millenni (intrattenimento, alloggi, cibo, trasporti). Le nuove tecnologie risolvono sempre gli stessi bisogni di base ma in modi leggermente più efficaci, quindi il risultato è che facciamo sempre le stesse cose perché in fondo abbiamo gli stessi bisogni

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È impressionante come, anche senza rendercene conto, ci troviamo a ripetere dinamiche simili a quelle che magari criticavamo in passato. Qualche anno fa mi ricordo di aver detto a mia mamma, che teneva la tv accesa tutto il giorno su programmi che consideravo di dubbio gusto, che "le avrebbero fritto il cervello." Mi sentivo superiore, io che "in casa non ho la tv", prima di rendermi conto che stavo facendo la stessa cosa, solo in modo più raffinato, scegliendo i miei "programmi" su Instagram o YouTube. In fondo, era sempre zapping.

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