Chi mi conosce veramente?
Vita da Nomade #8 / Rivedere i propri amici dopo quasi due anni
Ciao,
questo è il primo numero che scrivo dall’Italia. Ebbene sì, dopo un lungo girovagare attraverso il Portogallo, la Spagna e poi Sud America, ho rimesso piede nel mio paese dopo quasi due anni dall’ultima volta. Ho rivisto gli amici di un tempo, partecipato alle classiche cene di bentornato, e ho pensato di condividere le sensazioni che si provano nel ritrovarsi in luoghi familiari dopo aver vissuto con lo zaino in spalla per molti mesi.
Per i nuovi iscritti, mi chiamo Vincenzo Rizza e da tre anni vivo una vita zaino in spalla. Nell’ultimo anno ho percorso il Sud America dalla Colombia alla Patagonia senza aerei. Ogni mese racconto le conseguenze di questa scelta di vita, provando a scavare un po’ più a fondo delle classiche foto da cartolina da spiagge paradisiache.
Cominciamo!
Oltre i riassunti
tornare · raccontarsi
«La mia casa è a Lisbona a metà di una collina», esordisce Silvestri per esprimere la sensazione di sentirsi a casa in ogni luogo. Nel pezzo “La mia casa” riesce a descrivere in modo così viscerale quella sensazione che riguarda il senso di appartenenza che si prova quando si viene a contatto con luoghi, storie, persone che sembrano trascendere lo spazio fisico. La casa come luogo simbolico distribuito su tutto il mondo, “tra due ali di farfalla”.
È stata una delle canzoni che ho ascoltato lungo i trekking sulle Ande, o guardando fuori dal finestrino attraverso le distese infinite delle strade polverose, o agli infiniti incroci nelle cittadine che via via ho incontrato lungo il mio percorso.
Diventare nomade vuol dire imparare a farsi la propria casa in ogni luogo: un giorno sei lì, incontri delle persone, vai a fare una camminata, ascolti i discorsi della gente e poi cambi e si ricomincia.
Eppure, se è vero che impari a farti una casa in ogni luogo, ci sono luoghi che saranno sempre diversi dagli altri: i luoghi in cui sei cresciuto, quelli che hai lasciato.
«Nella mia casa è tutta Roma, perché è qui che sono nato», racconta il cantautore avviandosi verso la conclusione del pezzo, dando l’idea che dopo il lungo emigrare attraverso i tanti luoghi lontani, arrivi poi il momento di tornare, riportando tutto verso l’origine, dove tutto è iniziato.
In effetti però, quel senso di “tornare” assume un sapore diverso se sei partito con un biglietto di sola andata, se non avevi programmato di tornare. Per me, decidere di volare verso l’Europa, verso le città in cui ho vissuto, per rivedere gli amici di sempre, ha un sapore diverso da quel classico “tornare”. Quello che sa quasi di “tornare indietro”. Al massimo, se potessi coniare un nuovo modo di dire, userei qualcosa tipo “tornare avanti”.
Se questi luoghi sono così familiari, e a tratti sembra di non essersene mai andati, rischiano però di diventare anche bolle di passato, se li si approccia con l’idea di ritrovare tutto come prima. Passare le serate a rievocare per l'ennesima volta gli episodi più epici accaduti tanti anni fa, attorno a tavoli imbanditi densi di risate, miste al suono di bicchieri che si scontrano in ripetuti brindisi, può essere confortante. Eppure, tra i fumi dei bastoncini di citronella, non è possibile evitare di scorgere i vuoti che le nostre vite hanno creato. Sono cose da affrontare.
Da un lato i racconti di viaggio, le curiosità sui luoghi più incredibili o le situazioni più difficili, dall'altro cambi di lavoro, acquisti di casa, qualche evento importante che mi sono perso. Di sottofondo una goffagine delle parti nel cercare di indagare come stiamo, chi siamo diventati oltre i riassunti.
Decidere di vivere in viaggio vuol dire rinunciare a partecipare alla maggior parte degli eventi e delle ricorrenze. In questi tre anni di vita da nomade, però, mi sono accorto di aver sentito maggiormente la mancanza della quotidianità delle vite dei miei amici, piuttosto che la mancanza della mia partecipazione alle ricorrenze o agli eventi. Il paradosso è che questo mio “tornare” diventa esso stesso un evento e, dunque, copre quella quotidianità che vorrei indagare e trasmettere. Per lo stesso motivo, mentre sento l’ammirazione per i racconti di viaggio che cerco di rendere piacevoli, mi rendo conto di non riuscire a condirli con tutti quegli ingredienti che non fanno parte delle storie in sé o dei luoghi, ma che fanno parte della mia quotidianità, che fanno parte di me. Di un me che non hanno conosciuto e che forse intuiscono per differenza rispetto a quando sono partito.
Ripenso poi ad alcuni viaggiatori con cui ho condiviso il cammino, a cui dovevo spiegare dov’era Pisa, dov’era Firenze, dov’era la Sicilia. Rifletto sul fatto che alcuni sconosciuti hanno conosciuto di me cose che nemmeno i miei migliori amici sapranno mai.
Dall’altro lato, nel frattempo che ero via, due dei miei migliori amici sono diventati papà e molte volte mi sono trovato a pensare che l'ultima volta che ci eravamo visti era l'ultima volta che eravamo ragazzi e io non lo sapevo. Ci siamo lasciati ragazzi e li ho ritrovati uomini. Sono sempre loro stessi, con le loro battute, i loro pensieri, i loro modi di fare, ma mentre tenevano la mano alla loro compagna in sala parto, io impacchettavo uno zaino nel buio di un dormitorio condiviso.
Oggi, mi ritrovo a chiedermi: cosa ne sapranno i miei migliori amici delle notti in bus con la testa che sbatte sul finestrino mentre l'autista sfreccia a mille all'ora sulle curve ripide dell’entroterra andino, mentre un signore due file dietro russa senza pietà e la tv trasmette un film di natale a febbraio? E cosa ne saprò io della sensazione di prendere in braccio per la prima volta una creatura che è diventata tutto il tuo mondo e quali paure si provano? E che ne sapranno dei vestiti umidi nello zaino, della paura di essere rapinati, della tensione la notte prima di un’escursione, del problema del viaggiare con l'olio d'oliva che costa tanto e pesa un chilo e trova sempre il modo per sporcarti tutto lo zaino? E io, invece, cosa ne saprò del tenersi stretto un lavoro, delle decisioni sul comprare casa, dell’organizzare le vacanze estive? E, ancora, come spiegare le docce senza appendini negli ostelli, la tecnica per aprire i lucchetti al buio, cucinare il cibo lasciato nelle cucine comuni dagli altri viaggiatori per risparmiare qualche euro?
Vorrei idealmente trasmettere ai miei amici tutti i sottotesti dei miei racconti e vorrei idealmente carpire le sensazioni delle loro giornate, ma so che è impossibile, e che bisogna accettarlo. Fidarsi gli uni degli altri, provando a dedurre da ciò che si può raccontare, ovvero dai riassunti, tutto ciò che c’è stato. Accettare di poter intuire, forse capire, senza una completa descrizione di tutti quei giorni passati che non torneranno. Colmare quei vuoti senza tornare indietro, ma tornando avanti.
Finora avevo visto il mio vagare solo da un punto di vista: quello della scoperta. Io che vado a scoprire luoghi lontani e raccolgo storie, conoscenze, luoghi che mi arricchiscono. Oggi, calpestando i luoghi familiari, scopro che questo vagare implica anche uno spargere se stessi per il mondo. Lasciare pezzettini di sé in certi luoghi, in certe persone.
È bellissimo, certo, ma ha delle conseguenze con cui sento di dover fare i conti. Ad esempio, una domanda che mi ronza nella testa da quando sono tornato e che dice:
Chi mi conosce veramente?
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Più di un pallone
reportage · calcio
Il calcio in Argentina è un fenomeno di massa che coinvolge milioni di persone, trascendendo il perimetro dello sport e diventando parte integrante dell’identità nazionale. Se in Italia il calcio è un fenomeno forte, in Argentina lo è ancora di più: si insinua profondamente nella vita quotidiana, unendo tutte le classi sociali.
Per capirne l’importanza basta notare i nomi delle squadre nazionali più antiche, tutti di origine inglese: Boca Juniors, River Plate, Alumni Athletic Club, Banfield, Newell's Old Boys. Il fútbol fu introdotto in Argentina da immigrati britannici, diplomatici e lavoratori delle ferrovie britanniche nel tardo XIX secolo. Nel primo decennio del XX secolo, il calcio iniziò a diffondersi tra le classi lavoratrici e medie argentine. Le squadre, pur adottando nomi inglesi, iniziarono ad avere una gestione e una base di giocatori locali.
Una svolta avvenne il 24 giugno 1906, quando l’Alumni batté la nazionale sudafricana, composta da calciatori bianchi. Quell’uno a zero rappresenta l’inizio dell’emancipazione del calcio argentino e simboleggia un processo più ampio di emancipazione dall’influenza britannica nell’economia, nel commercio e nella finanza.
Sono andato a vedere il Boca Juniors giocare al famoso stadio della Bombonera, un’esperienza che era nella mia bucket list da sempre.
Tecnicamente, non sarebbe possibile ottenere un biglietto se non si è iscritti al club dei tifosi. I biglietti vengono rilasciati in ordine di precedenza di iscrizione al club, il che significa che, persino chi è iscritto non sempre riesce ad ottenere un biglietto. Per darvi un’idea, servono circa otto anni dopo l’iscrizione al club per scalare la lista di precedenza e ottenere un biglietto legalmente. Di conseguenza, persino i tifosi locali si rivolgono alle rivendite illegali. Per un turista straniero, il prezzo del biglietto, dopo numerose rivendite, arriva a costare intorno agli 80 euro, quasi cinque volte il prezzo ufficiale.
Prima della partita, il contatto di fiducia che ti ha fornito il biglietto ti accompagna alla previa, una festa che si svolge nel quartiere di Boca, attorno allo stadio. Esistono varie previe, che sono feste di strada dove si mangia, si beve, si canta insieme a migliaia di tifosi. Si assiste anche all’arrivo di gruppi organizzati che sfilano in gruppo con le loro bandiere distintive. A partire dalla previa è meglio mischiarsi tra i tifosi cercando di mascherare la propria identità di turista. Avere la maglia o la sciarpa del Boca aiuta, ed è assolutamente sconsigliato indossare indumenti di colori diversi dal giallo e blu.
Un’ora prima dell’inizio della partita si inizia ad entrare, attraversando decine di controlli di polizia in assetto antisommossa. Non è possibile introdurre né consumare alcolici all’interno dello stadio. In tutti gli stadi non esiste il settore degli ospiti come nel resto del mondo. Questo vuol dire che tutti i tifosi supportano la squadra locale.
La curva si chiama settore popular e non ha seggiolini. Io sono entrato nel settore della Doce (“dodici” in spagnolo), dove è presente il gruppo ultrà (barra brava) più caldo e antico, chiamato così perché rappresenta il dodicesimo uomo.
Da prima dell’inizio della partita fino alla fine, la Doce canta senza sosta mettendo in scena coreografie fatte di striscioni, canti, rime. Stare in piedi, in mezzo a 65.000 persone, capienza massima sempre raggiunta ad ogni partita, è un’esperienza forte, emozionante e indimenticabile.
La partita contro il Vélez è stata a lungo bloccata sullo 0-0 e non è stata per niente spettacolare per me, abituato al grande calcio europeo da divano. Fino a quando Edinson Cavani, con un colpo di testa al 61’, ha sbloccato la partita e la curva è venuta giù tutta insieme, facendomi saltare di due o tre scalini insieme a migliaia di tifosi.
Al 90’, Cavani perde la testa e colpisce un avversario in faccia con una gomitata a centrocampo, lontano dalla palla: rosso diretto. Il calciatore autore del gol si avvia verso gli spogliatoi in anticipo e mentre attraversa i tunnel che lo portano fuori dal campo, si alza un coro all’unisono: “Uruguayo! Uruguayo! Uruguayo!”. Sempre più forte, sempre più intenso fino al fischio finale. Un brivido di commozione nell’assistere a qualcosa di più grande di quello che alcuni chiamano solo “pallone”.
“La Milonga del Fútbol”, un viaggio calcistico, poetico e sociale di Federico Buffa.
Qui le date.
Ancora Buenos Aires
dove sono · argentina
Nel mese di giugno ho vissuto prevalentemente a Buenos Aires, per poi volare in Italia alla fine del mese. Nel numero scorso avevo parlato della sfida di creare una nuova routine in una grande città dopo più di un anno trascorso ad attraversare un intero continente. Posso dire che il secondo mese è andato meglio: mi sono adattato al nuovo ritmo, ho trovato alcuni clienti e ho esplorato i luoghi turistici della città nel tempo libero.
Ecco alcune delle esperienze che consiglio a Buenos Aires:
Jardín Japonés: Un'oasi di tranquillità donata dalla comunità giapponese alla città, con ingresso a soli 3€. Un luogo perfetto per una passeggiata rilassante.
Show di tango al Café Tortoni: Un vero e proprio spettacolo teatrale, con biglietti a 45$ e un 20% di sconto se pagati in contanti. Un'esperienza culturale imperdibile.
Centro Cultural Recoleta: Non solo un museo d'arte contemporanea, ma anche un vivace punto di incontro per i giovani, con eventi e spazi di coworking. L'ingresso è gratuito.
Centro Cultural Kirchner (CCK): L'ex palazzo delle poste merita una visita anche solo per la sua splendida architettura. Qui si possono anche assistere gratuitamente a spettacoli dell'orchestra nazionale!
Partita allo stadio del Boca: Ne ho già parlato sopra.
Alla domanda: “E adesso che farai?” rispondo che passerò il resto dell'estate in Italia, tra la Toscana e la Sicilia, concentrandomi principalmente sul lavoro e sulla ricerca di nuovi clienti. Rimarrò in Europa per il prossimo futuro ma ne parlerò, come sempre, ogni mese in questa newsletter.
Come al solito, puoi seguirmi su Instagram dove pubblico foto e racconti dei miei viaggi, oppure su LinkedIn per collaborazioni su temi di design e prodotto per startup e aziende.
Il valore della pausa lavorativa
webinar • anno sabbatico
Sono stato invitato a parlare a un webinar gratuito intitolato "Il valore della pausa lavorativa," in cui dialogherò insieme a Davide Banaroio ed Eleonora Mistro sulle nostre esperienze di pausa dal lavoro: come capire se è il momento giusto e come organizzarsi prima, durante e dopo la pausa.
Durante il mio intervento, racconterò di come ho abbandonato una “carriera lineare” e di come ho potuto mettere in pausa il lavoro senza la paura di perderlo. Se stai pensando di concederti un periodo di pausa o un anno sabbatico, questo evento potrebbe essere di grande interesse per te.
L’evento è gratuito, online e in diretta, e si terrà domani!
📅 Il valore della pausa lavorativa
🗓️ Mercoledì 10 luglio, ore 18:00
💻 Evento gratuito
👉 Iscriviti al link: https://shorturl.at/VOiI0
Contabilità
finanza • trasparenza
Il mese di Giugno ha risentito enormemente del cambio di continente, con la spesa del volo e dei trasporti per arrivare da Roma a Pisa, oltre a una serie di spese extra come eventi, regali ed esperienze turistiche prima di partire da Buenos Aires e cene di bentornato. Ho speso praticamente il doppio rispetto al mese scorso, per un totale di €1.806,76.
Nel dettaglio:
Voli e Trasporti: Ho speso 600€ per il volo Buenos Aires - Roma, oltre alle varie spese di bus e treni.
Ristoranti: Ho speso circa 250€ in ristoranti, di cui metà solo nell’ultima settimana a Pisa tra cene e aperitivi con gli amici.
Alloggio: Ho speso circa 250€ per Airbnb a Buenos Aires, coprendo 18 notti in una camera singola di un appartamento a San Telmo. Le prime 7 notti del mese erano già coperte nel budget del mese scorso, mentre le ultime 6 notti a Pisa sono stato ospite di un amico.
Shopping: Questa voce comprende un tatuaggio che ho fatto prima di partire, costato €163. I tatuaggi in tutto il Sud America hanno un prezzo basso, ma è anche difficile trovare tatuatori al livello di quelli europei. Inoltre, i tatuatori bravi hanno liste di attesa lunghe che è difficile allineare allo stile di vita nomade. A Buenos Aires ho finalmente trovato quello giusto, e quindi questa spesa era pianificata da tempo.
Entertainment: Le due voci principali in questa categoria sono state la partita del Boca (72€) e lo show di tango (30€).
Servizi: Ho speso 40€ per riacquistare una scheda Vodafone con un piano internet per i prossimi mesi in Italia e 15€ per il rinnovo del dominio del blog vitadanomade.it.
Hai letto fin qui?
Ho iniziato a scrivere questo numero prendendo appunti sul cellulare durante il volo intercontinentale e ho poi continuato ritagliandomi momenti tra le call di lavoro, le cene con gli amici e i mille impegni organizzativi che questo ritorno in Italia richiede. È stato un numero difficile, perché i pensieri erano tanti, un po’ confusi e le emozioni intense.
Eppure, ci tengo a mantenere fede a questo piccolo impegno che ci siamo dati. Non lo faccio solo per creare contenuti, ma perché ci credo veramente. So che alcuni di voi aspettano questa newsletter e questo mi riempie di emozione ogni volta. Se ti va, fatti sentire con un cuore ❤️ o prenditi due minuti per lasciarmi un pensiero qui sotto 💬. Se è il primo numero che leggi, presentiamoci qui sotto. Ti aspetto.
Grazie mille e al prossimo mese!
Ma che bella questa puntata! Io sono una "hincha de Boca" (o "bostera") praticamente da quando sono nata (il calcio da noi, come dici tu, è una cosa seria e il tifo si eredita come corredo genetico praticamente!), però i miei non mi hanno mai portata allo stadio, ero piccola e forse pensavano fosse pericoloso. Grazie per avere raccontato la tua esperienza allo stadio così bene, mi sembrava di essere lì! Chissà, forse un giorno ci andrò :) E il jardín Japonés, quanti ricordi! Ci andavo con mio nonno. Insomma, mi è scappata una lacrimuccia leggendoti. Ti capisco riguardo alla tua riflessione del chiederti "chi mi conosce veramente?", e sai una cosa? Penso che questo valga anche se non parti, noi esseri umani siamo in continuo cambiamento dentro di noi anche se non cambiamo posto. Certo, il viaggio che hai fatto tu ti cambia per forza, il viaggio è un acceleratore di cambiamento. Dai il tempo a chi ti sta vicino di riabituarsi alla tua presenza, 3 anni in fondo sono tanti. Chi ti ama amerà anche questa nuova versione di te :)
Mi sono ritrovata molto nelle tue parole. Questo posto è una bellissima scoperta, grazie!